La mia amica Lucia l’aveva incrociato in un grande negozio di Roma, sulla sua sedia a rotelle, accompagnato dalla moglie. Poteva essere il 2013, aveva da poco girato quello che sarebbe rimasto il suo ultimo film, Io e te. Mi disse che stava per rivolgergli timidamente la parola quando notò l'espressione assente, lo sguardo fisso verso terra, apparentemente concentrato sulla trama del pavimento. Naturalmente desistette, ma le restò dentro una pena profonda per un uomo la cui visionarietà l’aveva condotto in volo sulle vette più alte dell’immaginazione e che, ora, si mostrava inchiodato dalla malattia lasciando trasparire tutta la propria inerme fragilità.