Grillo non mi ha mai fatto ridere. Ricordo un paio di sue trasmissioni all’inizio degli anni ’80 (Te la do io l’America, Te lo do io il Brasile) francamente imbarazzanti. Non lo capivo. Letteralmente. Forse la colpa era del vecchio televisore a valvole, forse era lui che biascicava, non so: fatto sta che la metà delle battute non la percepivo e l’altra metà mi lasciava indifferente. Poi ci fu quella barzelletta un po’ forzata su Craxi e la Cina che gli fornì il pretesto per autoesiliarsi dalla Rai e mettersi a fare altre cose evidentemente più remunerative (tra cui il profeta, il guru dell'informazione, infine il leader politico).
Ieri sera ho quindi scansato il suo annunciato ritorno nel programma monografico che gli ha dedicato la Seconda Rete. Perché non mi ha mai fatto ridere, dicevo, ma soprattutto perché nel tempo ha dimostrato di essere un uomo intellettualmente disonesto. E poi su Rai5 andava in onda un interessante documentario su Philip K. Dick, la cui opera visionaria ha anticipato molti temi presenti nel dibattito attuale: i mondi virtuali, le società totalitarie, la tecnologia che ci rende schiavi.
Te lo do Beppe Grillo…