Autobiografia significa narrazione della propria vita scritta da sé medesimi. Non si tratta però di un semplice racconto: l'autobiografia rappresenta un itinerario complesso costituito da una trama di eventi, di persone, di stati mentali. Richiede un'attivazione importante, sia dal punto di vista motivazionale (chi me lo fa fare?) che decisionale (cosa c'è di significativo? E in che modo lo descrivo?). Ancor prima, però, rappresenta il bisogno di definire in qualche misura sé stessi (chi sono io?), in maniera più o meno formale.
La (ri)costruzione della propria biografia in un blog (o meglio in un weblog) avviene nel presente, davanti allo schermo di un computer, ma la freccia del tempo psicologico è orientata tanto verso il passato quanto al futuro. Siamo noi che, nel qui-e-ora, rimaneggiamo costantemente il passato, il quale cambia di senso ogni volta che lo rievochiamo. Siamo ancora noi che ci proiettiamo in avanti nel futuro, con i nostri desideri, i progetti, le speranze e i timori: noi che rileggeremo le pagine scritte oggi con il senno del poi. Nulla ci è dato una volta per tutte, tutto cambia nella diversa attribuzione di senso che avviene in tempi diversi.
Un blog come Scrivere i risvolti non è un diario da conservare chiuso a chiave nel cassetto. Il blog è un'opera concepita ed espressa in senso relazionale, che si apre alla Rete e interagisce con essa. Il blog contiene materiale riferito intenzionalmente a un pubblico invisibile, in un'apertura di fiducia che talvolta sembra persino esagerata, quando non irresponsabile. In pasto a chi getto i miei pensieri più intimi? Dovrei preoccuparmene o, al contrario, posso sentirmi protetto dall'anonimato che mi garantisce il nickname? Sinceramente non sono ancora capace, dopo tanti anni, di dare una risposta che sia soddisfacente, se non definitiva. Ho capito tuttavia che non importa quanti pesciolini abbocchino incuriositi o si allontanino indifferenti nel gran mare del Web. Il blog è soprattutto un'occasione per incontrare il proprio mondo interiore, per ricercarne i fili conduttori ma anche gli elementi indicativi delle discontinuità. È un'occasione per portare alla coscienza ricordi, intuizioni, fragilità, risorse, per fornire significati nuovi alle esperienze personali e provare a innescare un cambiamento del modo in cui ci si percepisce. Non c'è un modo giusto o sbagliato per eseguire questo esercizio psicofisico. Si possono scrivere dei post brevi, schematici, degli appunti che verranno approfonditi altrove (forse mai). Oppure si può decidere di dilungarsi su alcuni eventi ritenuti salienti, su certi episodi che sembrino rilevanti (sempre nel qui-e-ora). Altre volte nasce spontaneamente l'impulso di ripercorrere frammenti della propria storia, esprimendo un punto di vista attuale. Oppure si decide (più o meno consapevolmente) di omettere certi contenuti più intimi, indicibili, incomunicabili - almeno nel momento presente.
Un blog rappresenta dunque lo stimolo a fare il punto della situazione, senza però costringersi a una periodicità fissa. Diventerebbe altrimenti un compito a casa, un dovere privo di ispirazione che implicherebbe una perdita di spontaneità e quindi di interesse. Il blog è un'opportunità per accedere a una visione complessiva della propria storia, dalla quale trarre elementi più dettagliati da portare in condivisione. Esso impone una riscrittura e una rilettura di cui si è al tempo stesso protagonisti e osservatori, da cui possono scaturire riflessioni orientate ad aumentare la consapevolezza di sé stessi. Il contenuto è paragonabile, per certi versi, al contenuto onirico: è fatto della materia di cui sono fatti i sogni. Si tratta di materiale autoprodotto, che origina dall'interazione con il mondo e al mondo viene restituito, ma che risulta essere frutto di una rielaborazione non priva di elementi scaturiti dalla fantasia creativa. È difficile perciò attribuirsene interamente la paternità, alla stregua di una tesi universitaria. Ecco perché, più o meno consciamente, ho preferito attribuire la stesura di Scrivere i risvolti a uno pseudonimo. Pim è Paolo, certamente: anzi (come ripeto spesso) è Paolo che nel frattempo, dal 2006 a oggi, è diventato Pim. Ma non del tutto, non completamente. Pim resta Altro e Altrove, al contempo autore e personaggio di finzione, soggetto e oggetto di riflessione. Una figura onirica, per riprendere la metafora, che utilizza il linguaggio simbolico del sogno.
L'obiezione che mi si potrebbe muovere è che Scrivere i risvolti accumuli talmente tanto materiale che finisce per risultare dispersivo. Questa caratteristica può risultare tanto divertente per l'autore (vediamo che cosa mi viene in mente oggi) quanto fastidiosa per il lettore (questo Pim salta continuamente di palo in frasca). A tale obiezione non riesco a opporre una difesa razionale. Posso soltanto argomentare dicendo che il materiale è organizzato in vario modo. Alcuni eventi che ritengo salienti sono commentati nel momento in cui si svolgono; spesso però non esiste un ordine cronologico, per cui pensieri e considerazioni occupano ampio spazio in modo del tutto casuale. È un bel problema cui non so dare una soluzione. Detto tra noi, comunque, nemmeno mi interessa trovarne una: se in tutte queste pagine vige una sorta di caos organizzato me ne assumo la completa responsabilità. Sfido chiunque a ripercorrere la propria esistenza in modo cronologicamente coerente: siamo fatti di emozioni e stati d'animo, di istanti, di squarci di tempo nel buio dell'eternità.
Affinché l'autobiografia contenuta nelle pagine di un blog sia produttiva occorre provare un certo gusto nel raccontarsi e nel raccontare. Occorre prendere un po' le distanze da sé stessi e imparare ad autosservarsi senza troppa indulgenza. Occorre inoltre conservare nel proprio animo l'attitudine al gioco e all'autoironia (quella vera). Mi preme dare ai miei scritti una sensazione complessiva di leggerezza, a dispetto del contenuto.
Dunque, un blog può accompagnarci verso una migliore definizione di noi stessi, seppur evidentemente provvisoria. A che serve però concretamente definire meglio sé stessi, mi chiederà qualcuno dei miei venticinque (invisibili) lettori. Beh, provo a rispondere così: l'annotazione dei propri pensieri restituisce intanto un po' di senso e di continuità alla storia personale, una storia che la realtà quotidiana tende a disperdere in mille rivoli, fino a dubitare talvolta della nostra stessa identità. Non mi sembra poco. Il blog è uno strumento interessante come può esserlo un apparecchio fotografico. Analogamente a uno shot, scrivere un post rappresenta uno spazio creativo privilegiato che ci concediamo allo scopo di esprimerci in piena autonomia e libertà, senza la preoccupazione di venire giudicati né di giudicarsi. Dobbiamo considerarci custodi e non guardiani di noi stessi. Per quanto mi riguarda, il mio demone è esigente ma, tutto sommato, piuttosto benigno e soprattutto provvisto di un certo senso dell'umorismo. Alla fine di un post andiamo immancabilmente a prendere un caffè insieme.
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