Io la guardavo con un sentimento ambivalente di ammirazione per la sua bellezza e di vaga irritazione per la lentezza trasognata dei gesti. Lasciavamo la stanza dell'hôtel mai prima delle undici e, ovunque andassimo, eravamo sempre in ritardo. Non avevamo comunque fretta. Le nostre giornate si dipanavano con la tranquillità tipica delle coppie clandestine che si incontrano di rado e decidono di assaporare a poco a poco ogni istante da trascorrere insieme.
Ne ero perfettamente consapevole: Lucia rappresentava una tentazione irresistibile perché infondeva l'acqua della vita ai miei sensi riarsi. Il matrimonio mi mortificava, congelava ogni slancio esistenziale, pietrificava l'emotività. Solo nel momento in cui tradivo il mio cuore riprendeva a pulsare e il sangue scorreva nuovamente nelle vene. Pare sia una verità assodata, ma finché non la sperimenti non ne afferri appieno il senso: sentirsi amati, corteggiati, nuovamente attraenti, essere oggetto di attenzione è ciò che induce a tradire. Non trovavo nulla di male in tutto questo. Se avessi rinunciato a quel bagno d'amore mi sarei consegnato a un’esistenza insipida, priva di forma e di colore.
Sottotraccia si muoveva però un'altra verità che preferivo non portare alla piena coscienza perché mi sarei terribilmente vergognato di ammetterla. Quella verità dissonante si trovava tuttavia là dentro di me, da qualche parte, e sentivo che agiva nel profondo. È trascorso molto tempo e, considerato come sono andate le cose, ora posso professarla senza provare eccessivo imbarazzo. Il tradimento è come un viaggio: per quanto affascinato dall’esplorazione, sapevo di avere pur sempre una casa dove sarei tornato. La casa che abitavo, nella quale mi sentivo al sicuro. La mia casa, la mia storia di pietra e mattoni.
Quella muta, intima, sostanziale verità diede sicurezza ai vagabondaggi sentimentali che, per un certo periodo della vita e senza eccessiva fortuna, intrapresi nel mondo.
(photo by Pim)