Dopo un anno di Covid il mondo dei social media sta mostrando la corda. Fino al 2020 ero convinto che Facebook e Twitter fossero dei contenitori innovativi, che costituissero una fonte inesauribile di informazioni utili, di quelle cui non si ha facilmente accesso tramite i canali consueti. Li ritenevo anche divertenti nel significato latino del termine: uno strumento che, per un momento, distoglie dal quotidiano peso del vivere. Non ne ignoravo i limiti, ovvio, pensavo tuttavia che gli effetti indesiderati fossero di poco conto. Oggi mi ritrovo invece sopraffatto dalla quantità di materiale sciocco e superfluo che si accumula sul lenzuolo delle videate. L'accozzaglia inconsistente di notizie false ripetute fino all'ossessione, di opinioni campate bellamente in aria, di immagini viste, riviste e archiviate, premiate da faccette ignoranti, mi lascia stordito. E mi sfiniscono certi comportamenti esasperati, fuori controllo, che in qualunque contesto reale verrebbero altrimenti censurati. Confesso di essere stanco di prestarmi a questo gioco multitasking che si sta rivelando soltanto una banale perdita di tempo. L'impulso è di disconnettermi e spegnere tutto, di uscire da questa stanza e tornare all'aria aperta, per riappropriarmi una buona volta della mia vita. Che senza dubbio è adesso e altrove.