La strada che da Asti conduce verso Torino corre sinuosa lungo vigneti e campi di grano. È il primo giorno d’autunno, ma il clima afoso pare ancora quello dell’estate monferrina. Un cartello posto sul lato della carreggiata segnala il paese di ***. Lo vedo profilarsi alla mia destra, arroccato su di un bric. Rallento, accosto e mi fermo in un ampio posteggio posto alle pendici del colle. Scendo dall’auto e volgo lo sguardo intorno. Un sentiero asfaltato conduce per un centinaio di metri in direzione del camposanto. Esito. Un pudore improvviso trattiene i miei passi. L’idea di infrangere il confine dell’esistenza altrui mi turba e non poco. Avverto tuttavia come un impulso che m’induce ad avviare il cammino. Varco il cancello d’ingresso che si apre con un cigolio sommesso. La ghiaia scricchiola sotto i piedi. Mi guardo intorno. Un muro di mattoni non molto alto imprigiona questo breve spazio compreso tra le colline. È un piccolo cimitero di campagna, con le tombe di famiglia segnate dal trascorrere del tempo e dall’umidità. Nomi e cognomi sconosciuti intorno a me svelano le proprie generalità. Avanzo lentamente, cercando di individuare il luogo dove lei riposa. Supero un secondo ingresso che conduce a un settore che pare approntato di recente. Appena poche tombe, un prato verde incolto, sabbia ammucchiata lungo il perimetro.
Mi volto. Lei è dietro di me. Sulla lastra di marmo grigio una targa in ottone reca il suo nome, l’anno di nascita e quello di morte. Nient’altro. Sopra la tomba stanno due piantine invasate e un lumino dall’aspetto sobrio. La sorpresa di essere finalmente giunto a lei mi ha quasi fermato il respiro. Mi avevi confidato della tua amica e io ti avevo detto che l'avevo conosciuta molti anni fa. Mi fa uno strano effetto, adesso, ritrovarla qui: come se dalle tue parole fosse scaturita improvvisamente la nuda essenza della realtà. Vorrei dirle qualcosa, ma non so cosa. Sì. Le porto i tuoi saluti e sorrido. Oltre però non so andare. In fondo io sono un estraneo. Poco o nulla mi riguarda di lei, se non l’amicizia che vi univa. Se avessi un fiore lo lascerei da parte tua, invece non riesco neppure a sfiorare la lastra. Dentro di me il vuoto. Un vuoto pieno di pensieri poco definiti che non comprendo. Ripenso all’impulso che ho avuto di fermarmi qui e di entrare. Come se lei mi avesse chiamato, come se avesse dovuto dirmi qualcosa che però adesso non intendo.
Forse si tratta del mistero che avvolge il nostro incontro: il legame fortissimo che si è creato tra te e me ha qui le proprie radici. Nemmeno ci conoscevamo ancora bene e tu già mi parlavi di lei. Fu il primo dei numerosi inspiegabili incastri che, scoprimmo, congiungevano le nostre esistenze lontane. Mi dicesti che era una tua cara amica d’infanzia, mi parlasti della malattia che la stroncò ancora giovane. Io ti raccontai che nei pressi di *** ci venivo da bambino con i miei genitori e che per anni passai le vacanze nella località di montagna dove i suoi avevano la casa. Ti dissi che che un mio parente conosceva certamente suo padre. Tra te e me ci separano centinaia di chilometri, percorsi lontanissimi, eppure scoprivamo che ci legava un sottile, invisibile, trait d’union.
La saluto, le dico a presto. La prossima volta verrò con te. Il giorno in cui, finalmente, c’incontreremo di persona ti porterò qui, a ***. Sento che dev’essere così e così sarà. Mi avvio assorto verso l’uscita, esco, salgo in auto, prendo in mano il cellulare e ti chiamo. La tua voce chiara accarezza l’aria. Dove sei?, domandi immediatamente. Rimango stupito. Non è qualcosa che solitamente fai. "Torno da Asti, sai, quel convegno... Non indovini dove sono adesso?" Mi sembri incerta, come se volessi pronunciare un nome ma non osassi. "Sono a ***." "Davvero?" La tua voce esita. "Sai", proseguo, "mi sono fermato e ho avuto una specie di sensazione… sono andato a trovare la tua amica." "Oddio… non è possibile… mi stavo proprio chiedendo dove fossi… non mi succede mai… non ero preoccupata, no, solo che… ero sul punto di telefonarti…" La tua voce trema: "Descrivimi dov’è ora…" Alzo lo sguardo: "Di fronte a me vedo il paese di ***, la campagna, i prati. Alle mie spalle la strada statale percorsa da automobili autocarri veloci e rari. C'è un odore di terra fertile che inonda le narici e più in là riecheggia lo scampanio della parrocchiale... Ma ci credi che sono qui davvero?" "Sì, Pim, e vorrei essere con te. Io ti sento, ti sento nel mio cuore." "Lo so, però mi manchi lo stesso." "Anche tu, mi manchi terribilmente..."
Ho il petto in tumulto. Vorrei spiegarti il turbamento che provo, ma le parole vengono meno. Mi sento al centro esatto di un crocevia al quale sopraggiungono viandanti provenienti da direzioni misteriose. Io raccolgo le loro storie, le riannodo e le metto insieme. Ora le sento penetrare nella pelle come piccoli aghi. "Sai, ti confido una cosa. Non ho retto all’emozione. Ho pianto."
(Settembre 2005. Fotografia scattata a *** il 22 settembre 2021)
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