A volte devi fare qualcosa di imperdonabile per continuare a vivere, sosteneva Jung. L’imperdonabile, inteso come un atto che va al di là della colpa e del relativo perdono. Un atto che non può essere perdonato perché rientra in ciò che non è possibile condannare (come si può condannare qualcosa che ti consente di sopravvivere?). Parlo di un gesto segreto, un comportamento nascosto, una condotta inconfessabile attraverso cui usciamo da una dinamica moralistica per entrare nella sfera del libero arbitrio.
Proprio nei momenti in cui rendo esecutivo e funzionale l'imperdonabile, io sono veramente io. Cioè vivo in piena armonia con gli eventi che determinano la dimensione del mio essere presente. Non provo perciò alcun rimorso, né vedo il motivo per cui dovrei provarlo. In quei momenti chiave di libertà assoluta che mi concedo, giungo ai confini della mia identità, li saggio e li supero di slancio. Andando al di là delle personali colonne d'Ercole mi inoltro nel mare ignoto delle possibilità e approdo a nuove terre. Se certe avventure esplorative si sono rivelate effimere e fugaci, nel reimmaginarmi ho plasmato una personalità meglio strutturata e duratura nel tempo. Sans toit ni loi, senza tetto né legge.