L'invidia sembra essere la malattia sociale maggiormente diffusa e il gossip ne rappresenta la forma più moderna.
Poco male se il pettegolezzo riguarda un personaggio pubblico, che paga il prezzo della popolarità. Se costui vuole davvero sottrarsi alla curiosità di giornalisti e paparazzi può peraltro trovare la maniera di farlo.
Il discorso cambia quando tocca a noi persone comuni diventare oggetto di chiacchiere indesiderate. C'è qualcosa di avvilente in certe intromissioni, nel mettere in piazza particolari poco conosciuti, rielaborati ad hoc o (il più delle volte) inventati di sana pianta. Il tutto allo scopo di screditarci, di mettere in luce le nostre debolezze, la nostra pochezza.
In realtà, coloro che provano gusto a ficcanasare attribuiscono ad altri sentimenti che albergano in loro stessi. Sentimenti negativi, mortiferi. L’interesse malevolo per i fatti altrui rappresenta un alibi per giustificare difetti e manchevolezze personali.
Questo interesse, indiscriminato e morboso, si rivela sul luogo di lavoro come nelle occasioni mondane: una cena tra colleghi, un caffè tra amici. Gli autori possono anche essere parenti più o meno stretti, i quali millantano di essere al corrente di qualcosa di significativo che ci riguarda. Oppure semplici conoscenti, di quelli che appaiono come funghi alle prime piogge e dei quali, talvolta, neppure ricordiamo l’esistenza. È gente che magari incrociamo per caso - un vicino di casa, una comare di paese - ma che spiattella per filo e per segno presunte rivelazioni, vantando perlopiù una straordinaria memoria nel riportare le dicerie.
Si tratta di una forma di saccheggio cui assistiamo impotenti, di cui siamo oggetto a nostra insaputa e che riguarda questioni sulla vita privata che andrebbero quantomeno tutelate da una rispettosa discrezione.
All'angoscia che si prova nell'apprendere certe notizie che ci riguardano, vere o presunte che siano, si aggiunge lo sconcerto per l'operato di questi contrabbandieri di pettegolezzi. Di tali e tante maldicenze si prende atto con disappunto, irritazione profonda. Viviamo in un’epoca barbarica, in quanto alla salvaguardia della riservatezza.
A siffatti personaggi non resta perciò che sottrarsi senza dar loro soddisfazione, evitare di frequentarli, limitandosi tuttalpiù ad un cenno di saluto da lontano, contando che sappiano impiegare più proficuamente il proprio tempo.