Fino all'età di sei anni ero convinto che fosse Gesù bambino a distribuire i doni durante la notte di Natale. Gli scrivevo la classica letterina in cui esprimevo i miei desideri promettendo, in cambio, che sarei stato buono e attendevo fiducioso la mattina del 25 dicembre.
Dovetti ricredermi quando mamma, a un certo momento, mi spiegò le ragioni per cui non potevo ricevere il cavallo che desideravo tanto. Un bel cavallo bianco, come lo sono i lipizzani di Vienna.
Ci rimasi male: non tanto per il fatto che il mio pensiero magico venisse bruscamente riportato alla realtà ma, forse più, perché mi resi conto all'improvviso del mio stato di beata ingenuità. Capii di aver prestato ciecamente fede a una storiella chiaramente inverosimile alla quale i miei coetanei (come accertai in seguito) non avevano mai creduto o avevano già smesso di farlo. Essi sapevano del mondo qualcosa che io ignoravo. E me ne vergognai.