<< Io mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si sono compromessi a spendere il due per cento del Pil per l’acquisto di armi come risposta a questo che sta accadendo. È una pazzia!... La vera risposta non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare un mondo ormai globalizzato, non facendo vedere i denti, e di impostare le relazioni internazionali. Il modello della cura è già in atto, grazie a Dio, ma purtroppo è ancora sottomesso a quello del potere economico-tecnocratico-militare. >>
Le parole pronunciate ieri da papa Bergoglio non vanno contro Draghi o il governo italiano, come certa stampa si affretta a dire, ma si oppongono tout court a un'idea perversa del mondo e delle relazioni umane.
La logica del dialogo, cui fanno riferimento, rappresenta una necessità strettamente connessa alla difficile fase storica che stiamo attraversando. Fase nella quale occorre assolutamente trovare un modo diverso di intendere i rapporti sociali. Bisogna uscire dalla rigida consequenzialità del “mors tua vita mea” per entrare in una logica negoziale più articolata, per non restare "giocattoli dell'economia, della politica, del destino" (Winnicott).
Avere un atteggiamento negoziale significa, secondo Bion, riconoscere anzitutto l'altro come interlocutore e non come nemico. Soltanto riconoscendolo e rispettandone i diritti si potrà mettere in atto un comportamento finalizzato a risolvere i conflitti, trovando un punto di accordo che sia reciprocamente soddisfacente o comunque non troppo frustrante. La negoziazione, intesa nel suo significato più nobile, è un'operazione di scambio continua, faticosa, alla ricerca di un patto comune per cui, alla fine, i contendenti sentano sufficientemente appagate le proprie aspettative.
Questa funzione di mediazione è una capacità relazionale: negoziare e mediare non significa dare un colpo al cerchio e uno alla botte ma trovare punti di contatto tra esigenze diverse. Si esce così dal concetto di conflitto per accedere a una concezione che implica il "prendersi cura" cui il papa accennava: ovvero (riassumo il pensiero di Di Chiara) il rispetto reciproco, la capacità di ascoltare le ragioni dell'altro, la volontà di promuovere il benessere collettivo. Quella che Rustin chiama "società buona".
La cultura della cura e della responsabilità implica quindi un cambiamento mentale, necessario quanto profondo. L’incremento della spesa per nuovi armamenti non costituirebbe soltanto un affronto per la popolazione mondiale, già provata dalla pandemia, ma una scorciatoia pericolosa che innescherebbe una spirale dagli effetti imprevedibili. Le tante fragili paci raggiunte sulla Terra sono nient'altro che opere di bizantineria politica: appaiono destinate a rompersi e a generare guerre tanto più violente quanto più irrisolti rimangono i problemi che le generano.
La pace non nasce dagli accordi internazionali ma dal riconoscimento dell'altro come interlocutore e portatore di diritti. Solo così si può pensare a una convivenza civile tra i popoli contro le forze oscure della distruttività che operano continuamente nella psiche umana.