Carl Gustav Jung visitò Ravenna una prima volta nel 1913 e vi tornò esattamente vent’anni dopo. Ne rimase affascinato, come il suo maestro Sigmund Freud che, ne L'interpretazione dei sogni riferì di aver vissuto in quelle vie percorse “mai da sveglio” un’esperienza "surreale". Nel libro Ricordi, sogni e riflessioni del 1934 (pubblicato in Italia da Il Saggiatore nel 1965), Jung riporta: “Già in occasione della mia prima visita a Ravenna, la tomba di Galla Placidia mi era parsa significativa e di un fascino eccezionale. La seconda volta, venti anni dopo, ebbi la stessa impressione. Ancora una volta, visitandola, mi sentii in uno strano stato d’animo; di nuovo, ne fui profondamente turbato”.
Fu tuttavia nel Battistero Neoniano che gli capitò, come lui stesso ammise, “uno degli avvenimenti più strani” della sua vita. "Andammo direttamente al Battistero degli Ortodossi (…). Ero piuttosto sorpreso perché al posto delle finestre che ricordavo di aver visto nella mia prima visita, vi erano ora quattro grandi mosaici di incredibile bellezza, e che a quanto pareva avevo completamente dimenticati. Mi irritava scoprire che non mi potevo fidare della mia memoria".
Ecco. La memoria. Quanto la forza della suggestione provocata dai capolavori dell’arte può incidere sulle facoltà rievocative della memoria?
Prosegue Jung: "Il quarto mosaico, sul lato occidentale del Battistero, era il più efficace. Lo guardammo per ultimo. Rappresentava Cristo che tendeva la mano a Pietro, mentre questi stava per affogare nelle onde. Sostammo di fronte a questo mosaico per circa venti minuti (…). Ho conservato un chiarissimo ricordo del mosaico di Pietro che affoga, e ancora oggi posso vederne ogni dettaglio (…)". Jung interpretò l'immagine con queste parole. "Iniziazioni di questo genere spesso erano legate all’idea che la vita fosse in pericolo, e così servivano a esprimere l’idea archetipa della morte e della rinascita."
Enormi furono la sorpresa e anche lo sgomento che provò quando si mise alla ricerca di immagini fotografiche che documentassero la scena raffigurata dal mosaico. "Quando ero di nuovo in patria, chiesi a un mio conoscente che andava a Ravenna di procurarmi le riproduzioni. Naturalmente non poté trovarle, perché poté constatare che i mosaici che io avevo descritto non esistevano!". Non potevano esistere, infatti. Nel Battistero Neoniano si trovano quattro piccole absidi, al di sopra delle quali ci sono altrettante iscrizioni bibliche. Quella alla destra di chi entra, cui si riferisce Jung, riporta un passo del vangelo di Matteo dove, semplicemente, si narra il gesto di Gesù che salva Pietro.
“Dopo la mia toccante esperienza nel Battistero di Ravenna", conclude Jung, "so con certezza che un fatto interno può apparire esterno e viceversa. Le mura stesse del battistero, che i miei occhi fisici necessariamente vedevano erano coperte e trasformate da una visione che era altrettanto reale dell’immutato fonte battesimale. Che cosa era veramente reale in quel momento?”.
(photo by Pim)