Mi aggiro incerto nella stanza vuota, un guscio di noce appeso da qualche parte dentro un palazzo, accanto o dentro una città che, dalla finestra aperta, non riconosco. Per qualche motivo so di essere entrato in quella stanza sempre più raramente negli ultimi tempi e in completa solitudine. Alcune valigie giacciono in terra aperte e appaiono riempite disordinatamente. Lei sta qui davanti a me ma è come se si trovasse già altrove. Getto un'ultima occhiata intorno, quindi estraggo dalla tasca un paio di chiavi e gliele poggio nel palmo aperto della mano. Queste non mi servono più - le parole mi escono meccanicamente dalla bocca, senza forzare il tono. C'è molta luce adesso. Con movimenti incerti attraverso la stanza, trovo la porta ed esco senza sbatterla. Un giorno le avevo promesso che non l'avrei fatto. Sento che mi chiama per nome ma la sua voce mi giunge ovattata, sempre più distante. Il nodo che avevo chiuso nel petto ora si allunga e si scioglie.