Mi ritrovo nell'ennesimo sogno già sognato, come fosse l'ennesimo episodio di uno scalcinato b-movie. Vago all'interno di un palazzo enorme e fatiscente che occupa un intero isolato nell'East Village. Salgo e scendo le scale antincendio arrugginite che danno su un cortile dai muri decrepiti. Mi sporgo e vedo una bambina che gioca a saltare la corda, proprio come quel mattino in rue des Rosiers, in pieno Marais. Sbircio quindi all'interno di appartamenti che sembrano vuoti - pavimenti di legno a lisca di pesce, pareti prive di quadri come al Guggenheim, resti di bagordi notturni. Da qualche parte riecheggia il riff incalzante di Whole Lotta Love. Che cosa ci faccio qui? Sì, ecco, ricordo, sto cercando una stanza in affitto che nessuno ha o mi vuole dare. Non possiedo un centesimo, non lavoro, non ho neppure la fedina penale pulita: però sono provvisto di una macchina per scrivere, di una risma di fogli bianchi e ho un paio di storie buone in testa. So che il mio destino è abitare in quest'orrido condominio che puzza di piscio e french fries ma non so come fare. Sferro un calcio a una lattina vuota che precipita nel vuoto. Sento un'imprecazione provenire giù da basso, mi sporgo e vedo un tizio vestito da Spiderman che agita il pugno verso di me. Al guinzaglio tiene un bull terrier ringhiante che, se potesse, mi sbranerebbe. L'angoscia cresce di istante in istante finché non mi sveglio di soprassalto. Il primo pensiero mi rimanda a Roger Corman e a quel che succede nella piccola bottega degli orrori. La studded jacket la metto subito o aspetto la prossima scena? Devo chiedere al regista che sta dando ordini alla troupe giù in St. Mark's Place. Forse non mi sono ancora svegliato e l'incubo è appena all'inizio.
(photo by Pim: East Village, NYC, 2 agosto)