
"Mi telefona Eugène", annotava Emil Cioran il 1° marzo 1969 in uno dei suoi Quaderni. "Mi dice che non riesce a scrivere né a leggere più nulla... Cerco di spiegargli che non ha nessuna importanza se in questo momento non riesce a scrivere niente, la sua opera c’è, esiste, e una pièce in più o in meno conta poco. Mi risponde che sente di avere ancora qualcosa da dire. Io ribatto che non ne dubito, ma che l’importante è aver detto quanto aveva da dire sulla morte, l’unico problema che conti, e che il resto è secondario. Ma lui sostiene che è tormentato, roso dai rimorsi."
Cioran riceveva quotidianamente le confidenze telefoniche dell'amico e connazionale Eugène Ionesco, afflitto da frequenti crisi depressive. "Penso di avere con lui affinità profonde", continuava: "Siamo entrambi ansiosi, chi più chi meno, ma la sua infelicità attuale è più grande della mia. Provo per lui una pena infinita, quasi disperata. A che servono la fortuna, la gloria, se si è più miseri del più sconosciuto e del più diseredato degli uomini? Voltaire, alla fine della vita, si chiede in che cosa consista la felicità e risponde: vivere e morire sconosciuti. Per quanto mi riguarda, ho notato che da quando soffro di meno per essere trascurato, dimenticato, sconosciuto, sono molto più felice di prima. In gioventù desideravo fare scalpore, volevo che si parlasse di me, volevo essere influente, potente, invidiato, mi piaceva essere aggressivo, umiliare le persone, ecc. ecc.: ebbene, ero molto più infelice di ora."
Cioran conclude il suo appunto facendo una considerazione sulla quale, in quest'ultimo periodo, sto riflettendo anch'io: "Da quando ho capito che posso benissimo non esistere per nessuno, mi sento sollevato, ma non appagato - il che dimostra che il vecchio uomo è lungi dall’essersi assopito."
Vivi nascosto, esortava Epicuro. Smetti di lottare contro un mondo in cui gli ingranaggi che muovono le cose sono giganteschi e crudeli. Coltiva il tuo Giardino Interiore, dove nessuna Istituzione può mettere mano a sovvertire l'ordine che hai minuziosamente creato. Fermo restando che la solitudine non appaga: siamo sempre un po' infelici, quando ci si espone agli occhi di tutti come quando ci si apparta al riparo della propria coscienza.
Ultimi commenti