"Mi sembra che il linguaggio venga sempre usato in modo approssimativo, casuale, sbadato, e ne provo un fastidio intollerabile." Il parere che Calvino esprime nella lezione americana dedicata all’esattezza del linguaggio è del tutto condivisibile. La riflessione prosegue prendendo però una piega inaspettata e autocritica. "Non si creda che questa mia reazione corrisponda a un’intolleranza per il prossimo: il fastidio peggiore lo provo sentendo parlare me stesso".
Da qui Calvino trae una conclusione che sento molto mia. "Per questo cerco di parlare il meno possibile, e se preferisco scrivere è perché scrivendo posso correggere ogni frase tante volte quanto è necessario per arrivare non dico a essere soddisfatto delle mie parole, ma almeno a eliminare le ragioni d’insoddisfazione di cui posso rendermi conto.” In maniera tale, cioè, da avvicinarsi il più possibile all'idea che si ha in mente, all'immagine che si vuole comunicare.